Sull’esempio della zarina Maria Alexandrovna che ha trascorso a San Remo l’inverno tra il 1874 ed il 1875, comincio a passare le stagioni invernali nella citta l’aristocrazia russa, compresi membri della casa imperiale. Il granduca Alexey Mihaylovich, malato di tubercolosi, vi venne per curarsi nel 1895 e vi mori a soli ventanni (e sepolto nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a S. Pietroburgo, Russia). Negli anni 90 del 800 soggiorno a villa Flora il granduca Sergey Mihaylovich, a cui successivamente, come anche la zarina Maria Alexandrovna, fu ascritta la prima idea per la costruzione della chiesa. Molte famiglie aristocratiche, come ad esempio gli Olsufiev, gli Sheremetiev ed i Demidov, possedevano ville per trascorrere l’inverno in Riviera. Verso la fine dell’800 l’idea per la costruzione della chiesa prese definitivamente corpo tra i membri della colonia russa, ma il progetto si trascino a lungo a causa dell’assenza di mezzi economici. Fino al 1908, quando fu consacrata la cappella russa nel cimitero della Foce, le liturgie si svolgevano in alcune cappelle private come a villa Gloria della signora Strekalova e nel palazzo di via Roma, 22.
Solo nel 1910 sorse il Comitato di sorveglianza, in seguito di fabbriceria, con a capo ex Procuratore del Santo Sinodo il senatore V. Sabler, che nel 1882 aveva trascorso sei mesi a Sanremo per curarsi. Secondo le sue parole egli “aveva visto di persona quanto fosse necessaria la chiesa in una citta visitata da molte migliaia di malati”. Sabler nel 1911 divenne di nuovo Procuratore Capo del Santo Sinodo e l’idea ricevette una notevole spinta.
Con Sommo Decreto del 12 marzo 1912 l’Imperatore Nicola II approvava il Comitato di Sanremo e permetteva “di condurre ovunque in Russia la raccolta di offerte”, egli stesso dono 2 000 rubli.
Il Comitato individuo un bellissimo appezzamento di terreno in centro citta, simbolicamente all inizio di Corso Imperatrice. Nel maggio 1912 con i 18 000 rubli raccolti il Comitato lo pote acquistare intestandolo al conte Tallevici.
Lo schizzo della costuzione fu eseguito dall’architetto russo A. Schusev, che era celebre come esperto di architettura religiosa russa. In epoca sovietica A.Schusev fece poi una carierra strabiliante, iniziandola con la costruzione del mausoleo di Lenin a Mosca.
Il progetto fu eseguito da un architetto del luogo l’ing. Pietro Agosti con la collaborazione dell’ing. Antonio Tornatore. L’Agosti elaboro e presento il progetto definitivo per l’approvazione delle competenti autorita italiane, segui la costruzione e a buon diritto puo essere considerato il principale progettista dell’opera.
La prima pietra fu posata il 9 dicembre da padre Nikolay Akvilonov di Mentone alla presenza della colonia russa e di numerosi sanremesi. Il progettista Schusev si ispiro all’architettura religiosa di Mosca e Suzdal dei secoli XVI-XVII. Il volume principale, di forma quasi cubica, e coronato da “kokoshniki” (copricapi tradizionali delle donne russe) e da cinque cupole. La chiesa è orientata, secondo la tradizione, ad oriente. Alla parte orientale è annessa l’abside, a quella occidentale il nartece, mentre il campanile si staglia presso il muro meridionale. L’altezza complessiva dell’edificio, compresa la croce, raggiunge i 50 metri circa. L’”ossatura” principale fu eretta in soli cento giorni dalla ditta Vernassa, sotto la guida dell’ing. Francesco Malacrida. Nelle mura, ricoperte di mattoni, sono incastonate croci, mattonelle decorative e trifore con balaustre. Tre ordini di “kokosniki” formano una zona di passagio alle quattro cupolette strette attorno alla cupola centrale, simboleggianti i quattro Evangelisti attorno al Salvatore o i quattro lati del mondo. Le cupole sono ricoperte da mattonelle policrome sfaccettate, e sono coronate da croci russe a tre braccia. ll campanile è costruito secondo lo schema “ottagono su quadrato” con alta “tenda” ottagonale e piccola cupola.
Verso la fine del 1913 la costruzione era stata completata solo a grandi linee, ma “…per non lasciare senza il conforto della preghiera i compatrioti che erano giunti per questa stagione” fu deciso di consacrare la chiesa e di iniziare a celebrarvi la Liturgia. Il Santo Sinodo inviò a San Remo il vescovo Vladimir Putjata, che il 23 dicembre, in concelebrazione con il clero russo di Nizza, Cannes, Mentone e Roma, celebrò la Liturgia di consacrazione della chiesa, alla presenza del corpo diplomatico russo e della Colonia russa della città. Durante la prima Liturgia nei kliros cantarono due cori russi, quello di Nizza e quello di Mentone.
La chiesa fu dedicata a Cristo Salvatore, e l’altare a Santa Caterina martire e a San Serafino di Sarov, da poco canonizzato (inizialmente era stato proposto di consacrare la chiesa unicamente a Cristo Salvatore, come ancor oggi abitualmente viene chiamata).
La nuova chiesa fu ascritta all’eparchia di San Pietroburgo tra le “estere dei luoghi di cura”. Primo rettore di San Remo divenne lo ieromonaco del monastero di S. Alessandro Nevskij p. Varsonofij. Il p. Nikolaj Akvilonov, sacerdote di Mentone, seguì i primi passi della comunità russa di San Remo, prodigandosi per essa. A San Pietroburgo, della costruzione della nuova chiesa si occupò San Veniamin di Pietrograd, allora vescovo di Gdov, vicario dell’eparchia, che fu ucciso nel 1921 e proclamato santo nel 1992. La chiesa fu consacrata a soli pochi mesi dai fatti che dovevano cambiare il corso della storia mondiale.
La situazione della chiesa fu complicata da una causa giudiziaria, che nel 1953 il conte Vittorio Tallevici (figlio di Giuseppe) intentò contro il comitato della Chiesa Russa: Tallevici pretendeva la restituzione del denaro prestato a suo tempo per l’edificazione del tempio. Il processo durò tredici anni e si concluse a favore della comunità: si riuscì infatti a dimostrare che il Tallevici, avendo ottenuto dei redditi dalla chiesa, dal terreno e dalla casa annessa, già da molto tempo era rientrato in possesso della somma prestata.L‘esito positivo della causa fu favorito dall’aiuto materiale dell’armatore Alexander Vlasov († 1961) e dagli sforzi dell’avvocato F. Fusaro. La comunità comunque riuscì a restare in possesso del proprio tempio: la sua situazione si semplificò dopo che nel 1966, per Decreto del Presidente della Repubblica, la parrocchia ricevette lo status di persona giuridica e fu riconosciuta come ente morale (gazzetta ufficiale n°275 del 5/11/1966).
Grande merito nella crescita della vita parrocchiale spetta a padre Ivan Jankin di Nizza, rettore a San Remo dal 1963 al 1996, anno della sua morte. Nel 1988 p. Jankin ricevette il titolo onorifico di “Amico di San Remo”, per aver donato alla città la pergamena celebrativa originale della “conferenza internazionale della pace” svoltasi nel castello Devachan dal 19 al 26 aprile 1920.
Dal 1952 al 1973, un ruolo di rilievo nella vita della comunità fu esercitato dalla starosta della parrocchia, Maria A. Efremova in Stansfield (succeduta alla defunta Maria P.Botkina Tretjakova), che seppe costruire nella sua villa Devachan, un focolaio di cultura russa, l’angoletto russo.Dopo la scomparsa di M. Efremova, dal 1974 prese la guida della comunità Natalia Burmazovic, in Sperlari, di origine serba († 1991)
Memoriale montenegrino nella cripta
Il primo marzo 1921 si spegneva ad Antibes (Francia) Nicola I, re di Montenegro in esilio, della dinastia Petrovic-Njegos. Secondo le disposizioni testamentarie, il re fu sepolto nella cripta della Chiesa russa “fino al trionfo della verità nella storia del Montenegro”. La regina Milena, morta ad Antibes due anni dopo, fu sepolta accanto al marito. Inoltre, furono deposte accanto a loro le spoglie delle figlie Vera e Xenia. Con la crescita dei sentimenti patriottici in Montenegro, più forti si fecero sentire i movimenti che richiedevano il ritorno delle spoglie della coppia reale e delle principesse in Patria. Con decisione unanime della comunità russa di San Remo, del Comune e del Ministero degli Affari Esteri italiano, il 29 settembre 1989, con una solenne cerimonia i quattro feretri lasciarono la chiesa russa, diretti alla cappella reale di Montenegro a Cettigne, antica capitale del regno.
Nello stesso anno davanti all’ingresso della chiesa furono collocati i busti di Vittorio Emanuele III e di Elena del Montenegro, fusi nel 1939 da E. Monti su modello di F. Johnson, che dopo la caduta della monarchia in Italia erano stati custoditi in un deposito. I busti sono accompagnati da una lapide commemorativa in marmo.